Artisti friulani tra Otto e Novecento: Antonio Camaur (1875-1919)

Antonio Camaur, Autoritratto 
Triste destino, quello di Antonio Camaur, nato a Cormons nel 1875 e morto già nel 1919 senza avere potuto affermare il suo talento artistico e conquistarsi uno spazio adeguato nella storia del ‘900 friulano. Il suo nome è stato ricordato molto di rado, di solito a margine di studi dedicati al Liberty, e solo pochissime pubblicazioni riproducono le opere – presenti in tre musei regionali - di questo originale pittore-scultore. Eppure la sua pur breve biografia professionale contiene alcuni elementi che avrebbero dovuto incuriosire molti studiosi: l’Accademia di Belle Arti di Vienna, la partecipazione alla Biennale di Venezia, l’amicizia fraterna con Piero Marussig, l’insegnamento alla Scuola Industriale di Trieste. Tutto si svolge in poco più di un ventennio, dagli ultimi anni dell’Ottocento alla prima guerra mondiale. Poi, la morte e il silenzio, salvo una retrospettiva, a Trieste, nel 1922, e, nel 1934, la donazione, da parte della moglie, di un gruppo di opere ai Civici Musei di Storia e Arte di Trieste.
Prima o poi si dovranno raccogliere le opere superstiti in una mostra, che potrebbe contare su una quarantina di opere tra gessi (25), bronzi (3) e dipinti (14) custoditi nei musei del Friuli Venezia Giulia, il Museo Revoltella e il Museo Sartorio di Trieste, e la Galleria d'arte moderna di Udine.
Per ora cerchiamo di fare almeno un po’ di luce sulla biografia dell’artista, che deve basarsi su pochissimi dati e molto dispersi.
Dunque, Antonio Camaur nasce a Cormons il 3 agosto 1875, penultimo di sette fratelli, da Antonio ed Elisabetta Bressan, a loro volta nativi della cittadina collinare. Il padre è falegname e anche i tre figli maschi vengono avviati a questo mestiere. L’industria del legno è particolarmente fiorente a Cormons, dove si sviluppa a partire dal 1860, quando entra in funzione la linea ferroviaria Trieste-Udine, che consente di spedire agevolmente i prodotti sia a Trieste, da cui venivano imbarcati per i mercati d’Oriente, sia a Vienna, piazza molto importante e in piena espansione edilizia.
Nel 1890, superata anche la crisi economica del 1873, sono attive una decina di fabbriche di mobili e sedie, con quasi un centinaio di addetti. Anche il quindicenne Antonio – come sappiamo dal foglio compilato per il censimento della popolazione - figura occupato nella lavorazione del legno come “apprendista intagliatore”. Di sicuro l’esercizio di questo lavoro fa emergere abbastanza presto il suo innato talento, perché nel 1894, a diciannove anni, riesce a ottenere dal Comune di Cormons uno stipendio di 200 fiorini per poter frequentare l’Accademia di Vienna. Uguale somma gli viene assegnata due anni dopo e, nel 1899, riceve 400 corone per iscriversi a un corso di perfezionamento.
Mobili prodotti a Cormons
Non sappiamo se egli sia stato influenzato nella scelta dall’esempio del suo concittadino Alfonso Canciani, più anziano di dodici anni, che era partito per l’Accademia di Vienna già nel 1886 e che, pur costretto a lavorare per mantenersi agli studi, aveva già prodotto opere importanti (il Lavoratore stanco, Il lanciassi) e ottenuto premi e riconoscimenti. Comunque è una circostanza abbastanza straordinaria che, dalla piccola Cormons, negli ultimi anni dell’Ottocento, fossero approdate nel cuore artistico della capitale dell’Impero due personalità così spiccate, i cui destini si incroceranno più volte. Nel 1897 anche Antonio Camaur riceve un premio per il nudo e nel 1899 viene nuovamente premiato per il gruppo scultoreo Amanti dormienti.
Mentre Canciani decide di stabilirsi a Vienna, dove rimarrà fino alla prima guerra mondiale, affermandosi sempre più e creando una famiglia, Camaur alla conclusione degli studi torna nella terra natale cercando di trovare qui, soprattutto attraverso la partecipazione alle mostre più importanti, delle opportunità per la sua professione.
Nel 1903 troviamo sia Canciani che Camaur tra gli autori presenti all’Esposizione Regionale di Udine, rimasta memorabile per l’ampiezza con cui si volle rappresentare il panorama artistico friulano (inclusi i collegamenti veneti e triestini) coniugando la tradizione accademica e le nuove correnti internazionali, l’Art Nouveau e il Simbolismo, il tutto ambientato nei moderni padiglioni liberty progettati da Raimondo d’Aronco.
Udine, Esposizione regionale del 1903
Camaur espone l’opera Incanto e Canciani il bozzetto per il Monumento a Dante (che si intravede nella foto). Entrambi, sudditi austriaci, rientrano nel gruppo degli “stranieri” e nel clima del modernismo internazionale, mentre la maggioranza delle opere esposte reca una marcata impronta nazionale e in particolare veneziana, a cui non è estraneo anche l’interesse politico di riaffermare l’identità italiana del Friuli, come dimostra, tra l’altro, la visita alla mostra del re d’Italia Vittorio Emanuele III e della regina.
Antonio Camaur, Sogni (Museo Sartorio, Trieste)
Nel 1905, a trent’anni, Camaur è presente alla Biennale di Venezia con la scultura Sogni, che ben si inserisce in un contesto dominato dall’attenzione verso il Simbolismo, testimoniata dalla mostra personale dedicata al già famoso Leonardo Bistolfi. La sua opera viene collocata nella Sala internazionale, l’ambiente più ampio e scenografico del padiglione centrale, che accoglie i visitatori all’inizio della mostra. Assieme a lui espongono altri “stranieri”, tra cui il triestino Ruggero Rovan, poco più giovane e al momento studente a Roma con un pensionato triennale concessogli dal Comune di Trieste. Rovan è amico di Piero Marussig, che soggiorna pure a Roma da un paio d’anni. Forse è lui il tramite fra Marussig e Camaur che saranno legati in seguito, quando entrambi condurranno una vita più stabile a Trieste, da una profonda amicizia.
Camaur trova, infatti, subito dopo un’ottima sistemazione a Trieste. Nel febbraio 1906 succede allo scultore Giovanni Depaul nell’insegnamento di modellatura e scultura ornamentale alla Scuola per Capi d’arte annessa alla Scuola industriale di Trieste. Anche Piero Marussig torna a Trieste nel 1906 dopo essere stato per un anno e mezzo a Parigi ed avere assorbito dalla visione delle opere di Gauguin, Van Gogh e Cezanne il linguaggio post-impressionista. Ma prima di avere soggiornato a Roma e a Parigi, Marussig, appartenente a una famiglia agiata che gli aveva permesso di viaggiare molto per studio, aveva trascorso un periodo a Vienna, tra il 1899 e il 1901, proprio quando c’era anche Camaur, che frequentava la Scuola di perfezionamento in scultura.
Non è detto che i due si siano incontrati, ma certamente l’amicizia che nascerà a Trieste qualche anno dopo poggia anche sulla comune esperienza viennese. Ed è probabile che nella scelta di Camaur di sperimentare la pittura, benché alle mostre si presenti sempre come scultore, influisca l’incontro con Marussig, da cui assume in modo abbastanza riconoscibile certi caratteri stilistici. I paesaggi dipinti dalla sua casa di Corsia Stadion (via Battisti), databili al periodo 1907-08, richiamano le vedute urbane di Marussig degli stessi anni, così come i ritratti e gli autoritratti degli anni 1913-14 riprenderanno schemi compositivi, contorni marcati e gusto per la decorazione tipici delle opere dell’amico.
Antonio Camaur, Ritratto di Piero Marussig 
Una testimonianza interessante di questo legame fra Camaur e Marussig (che erroneamente qualche critico di molti anni fa definì “cognati”, forse proprio a causa della loro frequentazione assidua) è il ritratto in gesso che Camaur dedica all’amico Piero e che questi, prima di partire per Milano, forse subito dopo la morte di Camaur, dona al Museo Revoltella, presagendo, forse, il rischio che questo bravo scultore finisse nel dimenticatoio. Un busto molto simile di Marussig, con la data “Roma, 1906”, si trova anche nel catalogo di Ruggero Rovan ed è probabile che anche quello di Camaur, valutando l’età del soggetto, più o meno trent’anni, non si distanzi molto da questa data.

Antonio Camaur, Ritratto della moglie sul divano blu
Come Marussig, anche Camaur riversa nella sua pittura la vita familiare, che fino allo scoppio della guerra trascorre serena in un clima di semplicità e concretezza. Nel 1909 egli sposa Maria Taucer, nata a Trieste nel 1883, dalla quale, nel 1913, avrà una figlia, Laura. La moglie compare più volte nelle opere di Camaur, sia nei dipinti (Ritratto della moglie e Ritratto della moglie sul divano blu entrambi dei Civici Musei triestini, in cui risaltano le sue doti di ritrattista ma anche la capacità di usare il colore in funzione espressiva) che nelle sculture. Anche in questo egli sembra seguire da vicino il modello di Marussig, che negli anni triestini dedica alla moglie, Rina Drenik, alcuni dipinti che sono dei veri capolavori. Camaur ha a sua volta una particolare attenzione per l’ambientazione della figura, che ama riprendere nella sua intimità domestica, creando un’atmosfera quieta e assorta.
C’è, anzi, una perfetta fusione tra figura e ambiente, per quanto la sua formazione di scultore non gli permetta di annullare il rilievo plastico dell’immagine, come avviene invece in Marussig. Si osservino, ad esempio gli autoritratti, immagini di straordinaria forza, in cui egli accentua in modo mirabile una certa durezza di tratti che caratterizza il suo volto fino a dargli un carattere davvero scultoreo.
Antonio Camaur, Auroritratto con la figlia Laura, 1913 (Musei civici di storia ed arte, Trieste) 
Nel 1909 Camaur partecipa alla sua seconda Biennale, con l’opera in gesso Armonia d’anime esposta nella Sala internazionale.in cui espongono anche scultori e pittori famosi come Graziosi e Nomellini. E’ presente anche alla Biennale del 1910 con due opere esposte in sale diverse, il gesso Mimosa e un’altra scultura intitolata Mia moglie.
Nel catalogo si precisa che egli “fa parte della sezione dedicata alla città di Trieste”, a cui in quest’edizione viene dato un grande rilievo per fini politici. Che egli abbia raggiunto una posizione di prestigio a Trieste, grazie soprattutto all’insegnamento, è dimostrato dal fatto che, sempre nel 1910, viene chiamato a fare parte della Giuria della Esposizione regionale di Capodistria, la più importante mostra d’arte organizzata nell’area giuliana prima della guerra. Presidente è l’architetto Ruggero Berlam ed egli, citato in catalogo come “prof. Antonio Camaur”, lo affianca in qualità di Segretario. In quest’occasione ricevono un premio sia Ruggero Rovan che Piero Marussig.
Alla Biennale del 1914 Camaur partecipa per la prima volta con un dipinto, l’olio intitolato All’aperto, ora della Galleria d’arte moderna di Udine, che viene esposto nel Salone centrale assieme alle opere di Piero Marussig, Luigi Scopinich, Mario Cavaglieri. E’ l’ultima Biennale prima della guerra, dominata da una dilagante influenza secessionista sia nella scelta delle opere che nelle scenografie affidate a Galileo Chini.
Anche Camaur tradisce la sua ascendenza viennese nel raffinato decorativismo della grande composizione con cui si presenta, dedicata a una pittrice udinese, Olga Burghart Camavitto, della quale era stato ospite nella villa che questa possedeva a Tarcento, luogo di vacanza della borghesia friulana. Il ritratto, a figura intera, è ambientato in giardino, sullo sfondo di un ampio paesaggio montano e ricorda per molti versi, specie nella monumentalità della figura, ma anche nella preziosa trama dei colori, il Ritratto della sorella di Piero Marussig, datato al 1913 circa. A Tarcento, dove vive probabilmente l’ultimo periodo sereno della sua vita, in un’atmosfera che gli ricorda la natia Cormons, egli dipinge anche un altro Paesaggio, ora conservato nei Civici Musei di Trieste, che riprende i monti dal letto sassoso del torrente Torre.  
Il più klimtiano dei dipinti di Camaur è, tuttavia, l’ Autoritratto con la figlia Laura in braccio del 1913 dove la solida impostazione della figura è bilanciata da uno sfondo evanescente, irreale, dove il lampadario a frange di vetro funge da “aureola” proprio come in certi famosi ritratti femminili di Klimt. E un’influenza decisamente secessionista si coglie anche nel Paesaggio del Museo Revoltella ispiratogli dal Foro Boario di Cormons dove lo spunto reale è rispettato ma la composizione è studiata secondo le regole dell’Art Nouveau, basate sulla simmetria, sull’uso di forme regolari e colori delicati che appiattiscono l’immagine sulla tela fino ai limiti dell’astrazione.
Antonio Camaur, Foro Boario a Cormons (Museo Revoltella, Trieste)
Allo scoppio della guerra viene arruolato per alcuni mesi nell’esercito austriaco, ma si ammala di bronchite e si trasferisce a Nervi per curarsi. Poi si sposta assieme alla famiglia a Milano, dove insegna alla Società Umanitaria e modella un busto di Guglielmo Oberdan per conto della Società Patria per Trento e Trieste. Ma si ammala nuovamente e non riesce a finire il busto di Nazario Sauro che aveva iniziato. Nel 1916 le autorità austriache di Trieste avviano un procedimento disciplinare contro di lui per l’attività svolta nel Regno d’Italia e procedono a confiscargli i suoi beni, a iniziare dai dipinti e dalle sculture rimaste nello studio. Nonostante ciò partecipa ad alcune mostre a Torino e a Milano, presentando delle placchette in bronzo (Pietà e Affetto) di molti anni prima (1908) che verranno acquistate dal re e donate alla Galleria d’arte moderna di Ca’ Pesaro.
Antonio Camaur, Autoritratto, 1917 (Museo Revoltella, Trieste)
Risale a questo periodo l’ Autoritratto del Museo Revoltella, datato 1917, in cui egli appare più vecchio e più pelato rispetto all’Autoritratto con la figlia Laura in braccio del 1913, ma anche impegnato a semplificare la sua pittura, sfrondandola dagli elementi decorativi. Lo scatto nervoso della testa che si gira verso chi guarda tradisce inoltre un nascente interesse per l’espressionismo.
Alla fine della guerra, nel novembre 1918, torna a Trieste e chiede di riprendere servizio a scuola. Il momento del passaggio dall’Austria all’Italia è complesso e alcune difficoltà burocratiche collegate alla sua posizione precedente ostacolano la procedura. Anche la sua famiglia deve restare a Milano fino alla fine di gennaio del 1919 ed gli può ricominciare a insegnare solo in febbraio.
Ma la malattia di cui soffre non è stata vinta e Camaur muore a Cormons il 4 ottobre 1919.
Per uno strano gioco del destino il suo posto d’insegnante di scultura viene assegnato al suo concittadino Alfonso Canciani, che dopo la fine dell’Impero ha lasciato Vienna per tornare in patria.
Nel 1920 la prima Biennale del dopoguerra accoglie ancora una volta l’opera di Antonio Camaur, che è presente nella sala italiana (non è più uno “straniero”) con il gesso Europa accanto a un grande della scultura, Pietro Canonica.
Solo nel 1934 la moglie può recuperare le opere confiscate dall’Austria e fa una prima donazione ai Civici Musei di Storia e Arte di Trieste in ricordo del marito. Sarà la figlia, Laura Solari, divenuta attrice di notevole fama, a destinare, nel 1949, una donazione più consistente agli stessi musei, con nove dipinti e una ventina di sculture che formano una raccolta omogenea e rappresentativa della sua breve ma intensa carriera.
Antonio Camaur ha avuto la sfortuna di scomparire dalla scena proprio quando si chiudeva un’epoca e si apriva una fase storica che avrebbe dato molte opportunità agli artisti di talento. Basti pensare alle mostre sindacali che dagli anni Venti fino alla seconda guerra mondiale permisero a tutti di farsi conoscere e di affermare le proprie capacità, lasciando, attraverso i cataloghi, una vasta documentazione sull’arte di quel periodo. Tutti gli artisti triestini della generazione di Camaur, Ruggero Rovan, Piero Marussig, Bruno Croatto, Gino Parin, per citare solo i più noti, beneficiarono a lungo della solida preparazione professionale che si erano formati sotto l’Austria , continuando a lavorare e misurandosi anche con le correnti più nuove. A lui questo non fu concesso. Dei suoi contemporanei pochi lo compresero, forse solo Silvio Benco che lo ricordò con queste parole: “Era un artista di nobile e sobria linea, che alle esposizioni veneziane suscitò attenzione già col primo suo gruppo degli amanti dormenti. Trieste, in verità. dov’egli era stato chiamato a insegnare alla Scuola Industriale, era ancora troppo recente conquista dei modi impressionistici della scultura e delle modulazioni bistolfiane, per concedere molto favore a questo artista così diverso, chiuso nelle sue linee, rigorosamente plastico nei suoi concetti, atteggiato a una semplicità diritta e austera.”
La gipsoteca del Museo Sartorio dove sono esposte le opere di Camaur


Bibliografia:

Sesta Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia, catalogo della mostra, 1905, p. 24.
Ottava Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia, catalogo della mostra, 1909, p. 66.
IX Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia, catalogo della mostra, 1910, p. 75, 94.
XI Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia, catalogo della mostra, 1914, p. 27.
XII Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia, catalogo della mostra, 1920, p. 56.
S. Benco, Introduzione, in S. Sibilia, Pittori e scultori di Trieste, Milano, 1922 (Trieste, 1993, p.8-9).
I Esposizione Biannuale del Circolo Artistico – Trieste, catalogo, 1924.
Catalogo del Civico Museo Revoltella, 1933, p. 26, 33, 56.
F. Firmiani, S. Molesi, Catalogo della Galleria d’arte moderna del Civico Museo Revoltella, Trieste, 1970, p. 34, 265, 270.
Il mito sottile. Pittura e scultura nella città di Svevo e Saba, catalogo della mostra, Trieste, 1991, p. 66-67.
A. Caroli, Kaiserlich-Konigliche-Staatsgewerbeschule. Arte e tecnica a Trieste. 1850-1916, Edizioni della Laguna, Monfalcone, 1995, p. 173.
Le arti a Udine nel Novecento, catalogo della mostra a cura di I. Reale, Marsilio, Venezia, 2001, pp.461-464.
A. Del Puppo, Figure e paesaggi del primo Novecento: il conflitto fra le intenzioni della forma e i sistemi dell’arte, in Le arti a Udine nel Novecento, catalogo della mostra a cura di I. Reale, Marsilio, Venezia, 2001, p. 71.
L. Resciniti, I dipinti di Antonio Camaur dei Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste, in “Atti dei Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste”,  pp. 341-356.

Testo tratto dal volume:
Maria Masau Dan, Antonio Camaur, Alfonso Canciani, Due artisti friulani nella Vienna di Klimt, edizione dell'Associazione goriziana Amici dei Musei, 2002








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