Antonio Camaur, Autoritratto |
Prima o poi si dovranno raccogliere le opere superstiti in una mostra, che potrebbe contare su una quarantina di opere
tra gessi (25), bronzi (3) e dipinti (14) custoditi nei musei del Friuli Venezia Giulia, il Museo Revoltella e il Museo Sartorio di Trieste, e la Galleria d'arte moderna di Udine.
Per ora cerchiamo di fare almeno un po’
di luce sulla biografia dell’artista, che deve basarsi su
pochissimi dati e molto dispersi.
Dunque, Antonio Camaur nasce a Cormons
il 3 agosto 1875, penultimo di sette fratelli, da Antonio ed
Elisabetta Bressan, a loro volta nativi della cittadina collinare. Il
padre è falegname e anche i tre figli maschi vengono avviati a
questo mestiere. L’industria del legno è particolarmente fiorente
a Cormons, dove si sviluppa a partire dal 1860, quando entra in
funzione la linea ferroviaria Trieste-Udine, che consente di spedire
agevolmente i prodotti sia a Trieste, da cui venivano imbarcati per i
mercati d’Oriente, sia a Vienna, piazza molto importante e in piena
espansione edilizia.
Nel 1890, superata anche la crisi
economica del 1873, sono attive una decina di fabbriche di mobili e
sedie, con quasi un centinaio di addetti. Anche il quindicenne
Antonio – come sappiamo dal foglio compilato per il censimento
della popolazione - figura occupato nella lavorazione del legno come
“apprendista intagliatore”. Di sicuro l’esercizio di questo
lavoro fa emergere abbastanza presto il suo innato talento, perché
nel 1894, a diciannove anni, riesce a ottenere dal Comune di Cormons
uno stipendio di 200 fiorini per poter frequentare l’Accademia di
Vienna. Uguale somma gli viene assegnata due anni dopo e, nel 1899,
riceve 400 corone per iscriversi a un corso di perfezionamento.
Mobili prodotti a Cormons |
Non sappiamo se egli sia stato
influenzato nella scelta dall’esempio del suo concittadino Alfonso
Canciani, più anziano di dodici anni, che era partito per
l’Accademia di Vienna già nel 1886 e che, pur costretto a lavorare
per mantenersi agli studi, aveva già prodotto opere importanti (il
Lavoratore stanco, Il lanciassi) e ottenuto premi e
riconoscimenti. Comunque è una circostanza abbastanza straordinaria
che, dalla piccola Cormons, negli ultimi anni dell’Ottocento,
fossero approdate nel cuore artistico della capitale dell’Impero
due personalità così spiccate, i cui destini si incroceranno più
volte. Nel 1897 anche Antonio Camaur riceve un premio per il nudo e
nel 1899 viene nuovamente premiato per il gruppo scultoreo Amanti
dormienti.
Mentre Canciani decide di stabilirsi a
Vienna, dove rimarrà fino alla prima guerra mondiale, affermandosi
sempre più e creando una famiglia, Camaur alla conclusione degli
studi torna nella terra natale cercando di trovare qui, soprattutto
attraverso la partecipazione alle mostre più importanti, delle
opportunità per la sua professione.
Nel 1903 troviamo sia Canciani che
Camaur tra gli autori presenti all’Esposizione Regionale di Udine,
rimasta memorabile per l’ampiezza con cui si volle rappresentare il
panorama artistico friulano (inclusi i collegamenti veneti e
triestini) coniugando la tradizione accademica e le nuove correnti
internazionali, l’Art Nouveau e il Simbolismo, il tutto ambientato
nei moderni padiglioni liberty progettati da Raimondo d’Aronco.
Udine, Esposizione regionale del 1903 |
Camaur espone l’opera Incanto
e Canciani il bozzetto per il Monumento a Dante (che si intravede nella foto). Entrambi,
sudditi austriaci, rientrano nel gruppo degli “stranieri” e nel
clima del modernismo internazionale, mentre la maggioranza delle
opere esposte reca una marcata impronta nazionale e in particolare
veneziana, a cui non è estraneo anche l’interesse politico di
riaffermare l’identità italiana del Friuli, come dimostra, tra
l’altro, la visita alla mostra del re d’Italia Vittorio Emanuele
III e della regina.
Antonio Camaur, Sogni (Museo Sartorio, Trieste) |
Camaur trova, infatti, subito dopo
un’ottima sistemazione a Trieste. Nel febbraio 1906 succede allo
scultore Giovanni Depaul nell’insegnamento di modellatura e
scultura ornamentale alla Scuola per Capi d’arte annessa alla
Scuola industriale di Trieste. Anche Piero Marussig torna a Trieste
nel 1906 dopo essere stato per un anno e mezzo a Parigi ed avere
assorbito dalla visione delle opere di Gauguin, Van Gogh e Cezanne il
linguaggio post-impressionista. Ma prima di avere soggiornato a Roma
e a Parigi, Marussig, appartenente a una famiglia agiata che gli
aveva permesso di viaggiare molto per studio, aveva trascorso un
periodo a Vienna, tra il 1899 e il 1901, proprio quando c’era anche
Camaur, che frequentava la Scuola di perfezionamento in scultura.
Non è detto che i due si siano
incontrati, ma certamente l’amicizia che nascerà a Trieste qualche
anno dopo poggia anche sulla comune esperienza viennese. Ed è
probabile che nella scelta di Camaur di sperimentare la pittura,
benché alle mostre si presenti sempre come scultore, influisca
l’incontro con Marussig, da cui assume in modo abbastanza
riconoscibile certi caratteri stilistici. I paesaggi dipinti dalla
sua casa di Corsia Stadion (via Battisti), databili al periodo
1907-08, richiamano le vedute urbane di Marussig degli stessi anni,
così come i ritratti e gli autoritratti degli anni 1913-14
riprenderanno schemi compositivi, contorni marcati e gusto per la
decorazione tipici delle opere dell’amico.
Antonio Camaur, Ritratto di Piero Marussig |
Una testimonianza interessante di
questo legame fra Camaur e Marussig (che erroneamente qualche critico
di molti anni fa definì “cognati”, forse proprio a causa della
loro frequentazione assidua) è il ritratto in gesso che Camaur
dedica all’amico Piero e che questi, prima di partire per Milano,
forse subito dopo la morte di Camaur, dona al Museo Revoltella,
presagendo, forse, il rischio che questo bravo scultore finisse nel
dimenticatoio. Un busto molto simile di Marussig, con la data “Roma,
1906”, si trova anche nel catalogo di Ruggero Rovan ed è
probabile che anche quello di Camaur, valutando l’età del
soggetto, più o meno trent’anni, non si distanzi molto da questa
data.
Antonio Camaur, Ritratto della moglie sul divano blu |
C’è, anzi, una perfetta fusione tra figura e ambiente, per quanto la sua formazione di scultore non gli permetta di annullare il rilievo plastico dell’immagine, come avviene invece in Marussig. Si osservino, ad esempio gli autoritratti, immagini di straordinaria forza, in cui egli accentua in modo mirabile una certa durezza di tratti che caratterizza il suo volto fino a dargli un carattere davvero scultoreo.
Antonio Camaur, Auroritratto con la figlia Laura, 1913 (Musei civici di storia ed arte, Trieste) |
Alla Biennale del 1914 Camaur partecipa
per la prima volta con un dipinto, l’olio intitolato All’aperto,
ora della Galleria d’arte moderna di Udine, che viene esposto
nel Salone centrale assieme alle opere di Piero Marussig, Luigi
Scopinich, Mario Cavaglieri. E’ l’ultima Biennale prima della
guerra, dominata da una dilagante influenza secessionista sia nella
scelta delle opere che nelle scenografie affidate a Galileo Chini.
Anche Camaur tradisce la sua ascendenza
viennese nel raffinato decorativismo della grande composizione con
cui si presenta, dedicata a una pittrice udinese, Olga Burghart
Camavitto, della quale era stato ospite nella villa che questa
possedeva a Tarcento, luogo di vacanza della borghesia friulana. Il
ritratto, a figura intera, è ambientato in giardino, sullo sfondo di
un ampio paesaggio montano e ricorda per molti versi, specie nella
monumentalità della figura, ma anche nella preziosa trama dei
colori, il Ritratto della sorella di Piero Marussig, datato al
1913 circa. A Tarcento, dove vive probabilmente l’ultimo periodo
sereno della sua vita, in un’atmosfera che gli ricorda la natia
Cormons, egli dipinge anche un altro Paesaggio, ora conservato
nei Civici Musei di Trieste, che riprende i monti dal letto sassoso
del torrente Torre.
Il più klimtiano dei dipinti di Camaur
è, tuttavia, l’ Autoritratto con la figlia Laura in braccio
del 1913 dove la solida impostazione della figura è bilanciata da
uno sfondo evanescente, irreale, dove il lampadario a frange di vetro
funge da “aureola” proprio come in certi famosi ritratti
femminili di Klimt. E un’influenza decisamente secessionista si
coglie anche nel Paesaggio del Museo Revoltella ispiratogli
dal Foro Boario di Cormons dove lo spunto reale è rispettato ma la
composizione è studiata secondo le regole dell’Art Nouveau, basate
sulla simmetria, sull’uso di forme regolari e colori delicati che
appiattiscono l’immagine sulla tela fino ai limiti dell’astrazione.
Antonio Camaur, Foro Boario a Cormons (Museo Revoltella, Trieste) |
Allo scoppio della guerra viene
arruolato per alcuni mesi nell’esercito austriaco, ma si ammala di
bronchite e si trasferisce a Nervi per curarsi. Poi si sposta assieme
alla famiglia a Milano, dove insegna alla Società Umanitaria e
modella un busto di Guglielmo Oberdan per conto della Società Patria
per Trento e Trieste. Ma si ammala nuovamente e non riesce a finire
il busto di Nazario Sauro che aveva iniziato. Nel 1916 le autorità
austriache di Trieste avviano un procedimento disciplinare contro di
lui per l’attività svolta nel Regno d’Italia e procedono a
confiscargli i suoi beni, a iniziare dai dipinti e dalle sculture
rimaste nello studio. Nonostante ciò partecipa ad alcune mostre a
Torino e a Milano, presentando delle placchette in bronzo (Pietà
e Affetto) di molti anni prima (1908) che verranno acquistate
dal re e donate alla Galleria d’arte moderna di Ca’ Pesaro.
Antonio Camaur, Autoritratto, 1917 (Museo Revoltella, Trieste) |
Risale a questo periodo l’
Autoritratto del Museo Revoltella, datato 1917, in cui egli
appare più vecchio e più pelato rispetto all’Autoritratto con
la figlia Laura in braccio del 1913, ma anche impegnato a
semplificare la sua pittura, sfrondandola dagli elementi decorativi.
Lo scatto nervoso della testa che si gira verso chi guarda tradisce
inoltre un nascente interesse per l’espressionismo.
Alla fine della guerra, nel novembre
1918, torna a Trieste e chiede di riprendere servizio a scuola. Il
momento del passaggio dall’Austria all’Italia è complesso e
alcune difficoltà burocratiche collegate alla sua posizione
precedente ostacolano la procedura. Anche la sua famiglia deve
restare a Milano fino alla fine di gennaio del 1919 ed gli può
ricominciare a insegnare solo in febbraio.
Ma la malattia di cui soffre non è
stata vinta e Camaur muore a Cormons il 4 ottobre 1919.
Per uno strano gioco del destino il suo
posto d’insegnante di scultura viene assegnato al suo concittadino
Alfonso Canciani, che dopo la fine dell’Impero ha lasciato Vienna
per tornare in patria.
Nel 1920 la prima Biennale del
dopoguerra accoglie ancora una volta l’opera di Antonio Camaur, che
è presente nella sala italiana (non è più uno “straniero”) con
il gesso Europa accanto a un grande della scultura, Pietro
Canonica.
Solo nel 1934 la moglie può recuperare
le opere confiscate dall’Austria e fa una prima donazione ai Civici
Musei di Storia e Arte di Trieste in ricordo del marito. Sarà la
figlia, Laura Solari, divenuta attrice di notevole fama, a
destinare, nel 1949, una donazione più consistente agli stessi
musei, con nove dipinti e una ventina di sculture che formano una
raccolta omogenea e rappresentativa della sua breve ma intensa
carriera.
Antonio Camaur ha avuto la sfortuna di
scomparire dalla scena proprio quando si chiudeva un’epoca e si
apriva una fase storica che avrebbe dato molte opportunità agli
artisti di talento. Basti pensare alle mostre sindacali che dagli
anni Venti fino alla seconda guerra mondiale permisero a tutti di
farsi conoscere e di affermare le proprie capacità, lasciando,
attraverso i cataloghi, una vasta documentazione sull’arte di quel
periodo. Tutti gli artisti triestini della generazione di Camaur,
Ruggero Rovan, Piero Marussig, Bruno Croatto, Gino Parin, per citare
solo i più noti, beneficiarono a lungo della solida preparazione
professionale che si erano formati sotto l’Austria , continuando a
lavorare e misurandosi anche con le correnti più nuove. A lui questo
non fu concesso. Dei suoi contemporanei pochi lo compresero, forse
solo Silvio Benco che lo ricordò con queste parole: “Era
un artista di nobile e sobria linea, che alle esposizioni veneziane
suscitò attenzione già col primo suo gruppo degli amanti dormenti.
Trieste, in verità. dov’egli era stato chiamato a insegnare alla
Scuola Industriale, era ancora troppo recente conquista dei modi
impressionistici della scultura e delle modulazioni bistolfiane, per
concedere molto favore a questo artista così diverso, chiuso nelle
sue linee, rigorosamente plastico nei suoi concetti, atteggiato a una
semplicità diritta e austera.”
Bibliografia:
Sesta Esposizione Internazionale
d’Arte della Città di Venezia, catalogo della mostra, 1905, p.
24.
Ottava Esposizione Internazionale
d’Arte della Città di Venezia, catalogo della mostra, 1909, p.
66.
IX Esposizione Internazionale d’Arte
della Città di Venezia, catalogo della mostra, 1910, p. 75, 94.
XI Esposizione Internazionale d’Arte
della Città di Venezia, catalogo della mostra, 1914, p. 27.
XII Esposizione Internazionale
d’Arte della Città di Venezia, catalogo della mostra, 1920, p.
56.
S. Benco, Introduzione, in S.
Sibilia, Pittori e scultori di Trieste, Milano, 1922 (Trieste,
1993, p.8-9).
I Esposizione Biannuale del Circolo
Artistico – Trieste, catalogo, 1924.
Catalogo del Civico Museo Revoltella,
1933, p. 26, 33, 56.
F. Firmiani, S. Molesi, Catalogo
della Galleria d’arte moderna del Civico Museo Revoltella,
Trieste, 1970, p. 34, 265, 270.
Il mito sottile. Pittura e scultura
nella città di Svevo e Saba, catalogo della mostra, Trieste,
1991, p. 66-67.
A. Caroli,
Kaiserlich-Konigliche-Staatsgewerbeschule. Arte e tecnica a
Trieste. 1850-1916, Edizioni della Laguna, Monfalcone, 1995, p.
173.
Le arti a Udine nel Novecento,
catalogo della mostra a cura di I. Reale, Marsilio, Venezia, 2001,
pp.461-464.
A. Del Puppo, Figure e paesaggi del
primo Novecento: il conflitto fra le intenzioni della forma e i
sistemi dell’arte, in Le arti a Udine nel Novecento,
catalogo della mostra a cura di I. Reale, Marsilio, Venezia, 2001, p.
71.
L. Resciniti, I dipinti di Antonio
Camaur dei Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste, in “Atti
dei Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste”, pp. 341-356.
Testo tratto dal volume:
Maria Masau Dan, Antonio Camaur, Alfonso Canciani, Due artisti friulani nella Vienna di Klimt, edizione dell'Associazione goriziana Amici dei Musei, 2002
Testo tratto dal volume:
Maria Masau Dan, Antonio Camaur, Alfonso Canciani, Due artisti friulani nella Vienna di Klimt, edizione dell'Associazione goriziana Amici dei Musei, 2002
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