21 luglio - 14 ottobre 2018, Casa Cavazzini, Inaugurazione 20 luglio ore 18.00
Si conclude con una mostra dedicata alla Corea del Sud, la trilogia espositiva Paradoxa con tre artisti coreani, Yee Sookyung, Park Chang-kyong e Kyung-ah Ham che proporranno opere di scultura, arte tessile, pittura e video arte, lavori densi di riferimenti alla cultura coreana tradizionale, ma anche alla delicata attualità che ha visto la penisola coreana al centro di tensioni politiche mondiali, con una fase di distensione appena avviata dall'incontro di Singapore. Orari e biglietti
La mostra tratta infatti il controverso tema dell’identità nazionale e del rapporto con la tradizione della cultura coreana che da decenni vive imprigionata in un dualismo politico che contrappone i regimi più chiusi, retaggio della storia politica del '900, alle politiche più aperte e dinamiche verso l'estero.
Una mostra che ben si lega al momento attuale ed alle complesse dinamiche in atto tra l’Occidente e il regime di Kim Jong-un, e che cerca di fornire al pubblico spunti di riflessione attraverso lo sguardo di tre insider d’eccezione.
Dopo Giappone e Cina, è quindi la volta degli artisti della Corea del Sud, che in una fase geo-politica così delicata, contribuiscono alla riappacificazione.
Nati tutti negli anni ’60 ed attivi sulla scena culturale coreana dai primi anni Novanta, i tre artisti sono accomunati dalla forte intensità con cui cercano un dialogo con la cultura tradizionale coreana ed ingaggiano al contempo un confronto con la storia recente e con la cronaca del paese estremo orientale ancora oggi diviso.
Nella produzione di Yee Sookyung (1963), centrale è la rielaborazione di tecniche e motivi iconografici delle antiche credenze religiose coreane e la loro traduzione in forme nuove e contemporanee. L’opera The Other Side of The Moon (2014) è costituita da una serie di frammenti di ceramica invetriata nera – proveniente dalla Corea del Nord – ricomposti e rifiniti nei punti di giuntura con oro a 24K. La scultura fa parte della serie Translated vase, esposta alla Biennale di Venezia, realizzata recuperando materiali di scarto preziosissimi – porcellane distrutte dei sapienti maestri ceramisti coreani – ricongiunti ad hoc come in puzzle culturale. In coreano, le parole ‘crepa’ e ‘oro’ hanno lo stesso suono, geum. Le opere di Yee sono così metafora della vita, della capacità di integrare le difficoltà e mettere in valore la sofferenza.
La ricerca artistica di Park Chan-kyong (1965) – fotografo, regista ed artista visivo – si fonda intorno al tema della memoria storica rispetto al rapido processo di modernizzazione del suo paese, esposto a forti contaminazioni e ingerenze occidentali. Il video Child Soldier (2017) è realizzato montando una serie di fotografie in 35mm. Protagonista è un bambino-soldato nord-coreano, immortalato mentre vaga armato nel bosco, senza meta e scopo preciso. L’intento dell’artista è scardinare l’immagine stereotipata dell’esercito coreano, umanizzandola. Ai toni militaristi ed ideologici della propaganda, Park contrappone la verità disarmante: il nemico è, semplicemente e innanzitutto, un altro essere umano. Come filmmaker e montatore cinematografico, l'artista ha affiancato il fratello – il noto regista e sceneggiatore Park Chan-wook – conquistando l’Orso d’Oro alla Berlinale 2011 per il miglior cortometraggio, con l’ horror fantasy Paranmanjang (Pesca notturna).
Kyungah Ham (1966) sperimenta i più disparati media, affidandosi spesso all'interazione con altre maestranze artigianali. Nel suo corpus creativo è forte il riferimento alle tematiche socio-politiche ed alla questione della libertà d’espressione. L’opera What You See is the Unseen – Five Chandeliers for Five Cities (2015) è un arazzo di grandi dimensioni, realizzato da ricamatrici nord-coreane che l’artista ha ingaggiato clandestinamente. Gli schizzi consegnati loro da Kyungah sono colmi di occulte frasi slang, immagini pop, testi di canzoni ed altri contenuti occidentali censurati dal regime che le artigiane hanno riportato, mimetizzato, nel filato. Al di là dell’apparenza fisica del ricamo, la vera materia prima dell’opera è la comunicazione che aggira la censura.
<<Questa edizione>> sottolinea il curatore della mostra, Denis Viva, docente di storia dell’arte contemporanea e pratiche museali alle Università di Udine e Trento – <<si contraddistingue per la sua sensibilità ai fatti politici. Mai, credo, in Italia si è sentito parlare così tanto di Corea e mai, ritengo, è stato così necessario volgere lo sguardo all'arte di quel paese: l'unica che, al di là dei toni sensazionalistici e dell'altalenarsi diplomatico, ci offre una riflessione sedimentata, profonda, capace di restituirci l'esperienza di vivere in un paese diviso>>.
Avviatosi nel 2016, Paradoxa è un progetto espositivo triennale teso ad investigare le forme attuali dell'arte contemporanea dell’estremo oriente, rintracciandovi i temi del paradosso e della contraddizione, in una globalizzazione crescente che ha reso sempre più protagonista quell'area asiatica.
Prodotto dal Comune di Udine - Civici Musei con la collaborazione di ERPAC e Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, patrocinato dall’Università degli Studi di Udine e curato da Denis Viva.
(comunicato stampa dei Civici Musei di Udine dal sito www.civicimuseiudine.it)
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