Museo carnico di Tolmezzo in pericolo di chiusura. E non è il solo.


In questi giorni è diventata di attualità la crisi del Museo Carnico delle Arti Popolari di Tolmezzo, denunciata dalla stessa Fondazione a cui è affidata la gestione, che non dispone più di risorse sufficienti per gestire l'apertura al pubblico del museo, anzi si trova ad affrontare un deficit che, senza un immediato intervento della Regione o di altri soggetti, determinerà probabilmente la chiusura entro l'anno.
Come è stato detto da molti, la chiusura di questo museo costituirebbe una perdita gravissima per la cultura regionale. Il Museo carnico è una delle più interessanti testimonianze della storia, dell'arte e dell'artigianato di un vasto territorio, è frutto della generosità di una personalità straordinaria, come Michele Gortani, ma anche di tanti altri donatori, ed è ricco di oggetti e di storie che parlano di un universo molto particolare, la Carnia, affascinante ma non facile da capire dall'esterno.
Le cause della crisi sono attribuite agli errori di gestione, alla mancata promozione, ai pochi investimenti, insomma alle solite motivazioni, in buona parte vere, che si citano in questi casi. Il numero di visitatori annui è piuttosto basso, 5000 biglietti circa, e le mostre temporanee non sono state fino ad ora abbastanza efficaci da migliorare questi risultati.
Non eravamo presenti all'incontro che si è tenuto il 13 agosto a Tolmezzo per lanciare l'SOS sul destino del museo e sensibilizzare tutti coloro che possono aiutarlo, per cui non sappiamo se si sia aperto un dibattito approfondito sul tema e si sia giunti a qualche risultato. Sappiamo da notizie di ieri che il presidente della Fondazione Claudio Lorenzini si è dimesso e che il 23 agosto ci sarà un incontro con la nuova assessora regionale alla cultura Gibelli.

Comunque ci sembra opportuno fare alcune considerazioni al riguardo:

1) nella situazione del museo di Tolmezzo conta molto anche l'inefficienza della politica museale regionale; per la Regione Friuli Venezia Giulia i musei sono molto meno importanti di quanto in altre avviene in altre regioni italiane, dove sono una risorsa fondamentale anche per il turismo; qui contano molto di più teatri e cinema, come dimostrano gli interventi legislativi e gli investimenti (anche di salvataggio) fatti negli ultimi decenni;

2) il caso del Museo carnico è emerso perché, trattandosi di una Fondazione, il pareggio di bilancio è obbligatorio, ma il deficit è comune a tutti i musei di medie e piccole dimensioni del Friuli Venezia Giulia. I musei che fanno più di 5000 visitatori l'anno non sono più di una ventina, e anche tra questi (a parte il caso del tutto eccezionale del Castello di Miramare, coi suoi 250.000 biglietti che garantiscono l'autonomia di gestione), solo tre o quattro musei superano i 20-30.000 visitatori, numero che comunque non assicura entrate sufficienti a mantenere una struttura. Gli altri (e sono, se si considerano i numeri ufficiali, almeno 200) sono tutti in perdita rispetto ai costi di gestione. Ma di solito appartengono ai Comuni e i loro veri bilanci sono nascosti in capitoli che comprendono anche altre spese culturali. D'altra parte non si può valutare l'importanza di un museo dal numero di visitatori. Le comunità devono essere consapevoli che i musei, specialmente quelli legati alla storia locale, non sono un lusso - che deve pagarsi da sé - ma una grande fortuna e una straordinaria ricchezza collettiva. E che il profitto non deve essere considerato nella sfera economica ma in quella morale.

3) Si parla sempre più di turismo culturale come una carta da giocare anche in questa regione per arricchire l'offerta di mare e montagna e attirare nuove fasce di turisti, quelli che amano le esperienze alternative e sono curiosi delle culture locali. E cosa c'è di più adatto dei musei per dare significato ai pacchetti turistici che puntano su questi contenuti? Certo, sarebbe necessario migliorare la qualità dell'esposizione, della comunicazione, dei servizi, visto che molti musei sono inadeguati agli standard internazionali. Però sono un'attrazione sicura, specialmente per gli stranieri, ed è proprio su questo pubblico che si può puntare per un rilancio. Ma non può essere uno sforzo lasciato completamente al singolo museo. Deve partire da una politica regionale che sostenga veramente i musei, e non solo con contributi finanziari; deve prima di tutto definire gli standard, collegare politiche culturali e turistiche, coinvolgendo possibilmente anche il mondo dell'enogastronomia. Ci vuole qualche buona idea che unisca le forze. Lasciati soli, i musei invecchieranno uguali a se stessi e resteranno sempre più vuoti.

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