Alla peggio "non" andrò in biblioteca...



Tra Gorizia e Trieste le principali biblioteche cittadine (quelle storiche, che esistono da secoli, l'Isontina e la Hortis) custodiscono quasi un milione di libri. Un patrimonio eccezionale in cui si rispecchia l'importanza che entrambe le città, in diversi momenti storici, hanno avuto nella diffusione della cultura sul territorio. Se ne trovano innumerevoli testimonianze nelle opere degli intellettuali più rappresentativi della cultura giuliana, scrittori, poeti, filosofi, storici, di cui sarebbe inutile fare la lista. Ma basta anche tornare con la memoria agli anni di scuola di tanti di noi per riprovare quel timore, quel senso di soggezione ma anche di piacere che prendevano varcando quelle porte in legno scuro, sentendo lo scricchiolio dei pavimenti e il profumo dei libri, perdendo un sacco di tempo a consultare i vecchi schedari. Essere in quelle stanze era di per sé un'esperienza formativa perchè rendeva partecipi di un mondo libero e privilegiato (quei secoli di cultura messi a disposizione, come Svevo definisce la biblioteca), e coscienti che studiare era la più grande fortuna che potesse capitare. Un luogo accogliente, sicuro, protettivo, in cui rifugiarsi e ritrovarsi. "Alla peggio andrò in biblioteca" fa dire ancora Svevo al protagonista di "Una vita" ed è una frase che riflette proprio lo stato d'animo dell'utente abituale.

Tutto questo per spiegare che una generazione che si è formata nelle biblioteche pubbliche non può non guardare con molta apprensione quello che succede in questo momento, la paralisi della Biblioteca Statale Isontina di Gorizia, priva di una direzione dedicata e di un organico almeno sufficiente, e il trasloco della Biblioteca Hortis, a sua volta priva da tempo di una direzione dedicata e in attesa dell'inizio dei lavori di ristrutturazione di Palazzo Biserini. Questa sarebbe una buona notizia se non ci  facesse ricordare, innanzitutto, quanto ha già dovuto scontare l'attività della Biblioteca Hortis, che almeno da quindici anni, quasi venti, (giunta Dipiazza n.1, primi anni 2000) subisce gli effetti di un progetto di separazione dal Museo di Storia Naturale (oltre che sottovalutato, fin dall'inizio, nelle sue difficoltà e conseguenze) rimasto incompiuto e mai veramente riuscito. 

Oggi probabilmente non si farebbe una scelta del genere, dispendiosa e inconcludente, anche perchè abbandonata e ripresa a seconda dei cambiamenti di governo. Purtroppo lo spostamento del Museo di Storia Naturale è stata anche una scelta irreversibile, che ha cancellato il vecchio (salvo rendersi conto troppo tardi di avere distrutto una testimonianza unica dei musei scientifici dell'Ottocento) senza produrre niente di veramente alternativo, moderno e attraente. E la Biblioteca è diventato un cantiere infinito, dove da anni assicurare il servizio, nella frammentazione di sedi e depositi è una sfida quotidiana e massacrante. Dove solo la passione del personale ha consentito di proseguire, malgrado tutto, e persino brillantemente, anche le attività dei musei letterari.

Ma il peggio, forse, deve ancora arrivare. Leggiamo adesso sul "Piccolo" (27 agosto)  l'ennesimo articolo "senza notizie" (qui sotto), che serve all'Amministrazione per rintuzzare le critiche e dimostrare un attivismo in campo culturale che in realtà non c'è. Veniamo a sapere che in vista della ristrutturazione della sede, si sta organizzando il trasloco della Biblioteca Hortis. La notizia è che si riempiono degli scatoloni. Ma senza fretta perchè resteranno lì fino al 2024. Il posto dove devono essere portati per permettere l'inizio dei lavori a Palazzo Biserini, cioè l'Archivio Generale, deve essere a sua volta vuotato (altri scatoloni da riempire) e il suo contenuto deve essere trasferito alla Caserma Beleno. Che però deve essere ristrutturata, e quindi occorre un progetto (forse pronto in ottobre) sulla base del quale cominceranno i lavori. Che finiranno (forse) entro il 2023. Nel 2024 l'ex Archivio Generale, dunque, potrà ospitare i libri della biblioteca e, se nel frattempo sarà pronto il progetto esecutivo, cominceranno i lavori a Palazzo Biserini. Da concludere nel 2026.  Se non fosse una prospettiva inquietante (anche perchè in realtà si aprirà il "museo della biblioteca" mentre non si capisce bene dove e come funzionerà la vera attività della biblioteca) si potrebbe fare della facile ironia. 

Tra l'altro, visto che lo stanziamento regionale di 11 milioni di Euro è già stato deciso e ufficializzato nel luglio 2021, perchè in un anno non è successo niente?Almeno la Caserma Beleno si sarebbe potuta mettere a posto. O anche quella deve essere vuotata per portare gli scatoloni da un'altra parte? Dove magari ci sono altri scatoloni da spostare? 

Insomma c'è qualcuno disposto a scommettere sulla riapertura, fra quattro anni, della Biblioteca in Palazzo Biserini? 

In una città piena di progetti eterni o falliti, che non vede ancora all'orizzonte il ripristino della linea del tram, non riesce a dare un futuro al suo più bel palazzo storico (Palazzo Carciotti), non sa cosa fare dell'ex Pescheria, tanto per citarne solo alcuni, ma nel contempo si vede in futuro simile a Disneyland, fantastica sul Parco del Mare, si inventa la giostra dell'Ovovia per salire sul Carso, e non trova di meglio che proporre ai turisti, ahinoi!, l'Italia in miniatura, come si può credere che i lavori della Biblioteca finiscano davvero entro il 2026, come viene dichiarato al giornale? E il progetto del Museo della Letteratura? E' solo un titolo o sono già stati definiti il percorso, il taglio, l'allestimento? Non sono interrogativi inutili. Si sa che per molti amministratori la realizzazione di un museo significa solo incaricare un architetto, tirare su pareti, posare pavimenti e comprare vetrine. Il contenuto è del tutto indifferente. Può essere fatto, rifatto, spostato, abbandonato, immagazzinato (magari per fare posto alle mostre).

Le condizioni in cui si trova la biblioteca secolare di un capoluogo di regione che si vanta di essere una città con un altissimo livello di fruizione culturale, sono davvero inaccettabili. Queste sono le circostanze in cui diventa clamorosamente evidente il motivo per cui a questi istituti serve un direttore competente, magari con esperienza di progetti e trasformazioni di biblioteche  che non lasci decidere tutto agli uffici tecnici comunali, ma contrapponga con forza le esigenze specifiche dell'istituzione e pretenda di dare la precedenza alla funzionalità rispetto alle lungaggini burocratiche, spesso inutili, dei lavori pubblici. Gli esempi concreti da fare sarebbero tanti. Specialmente a Trieste dove le istituzioni culturali hanno già pagato altissimi prezzi per l'inefficienza o l'indecisione o l'insensibilità del settore tecnico, dagli anni di Carlo Scarpa al Museo Revoltella in avanti. Cinquant'anni di lavori infiniti, conclusi spesso con costi moltiplicati e sorpresa finale dell'inutilità delle strutture restaurate (vedi Pescheria). E innumerevoli giustificazioni sempre pronte a dimostrare che non è mai colpa di qualcuno.


Purtroppo nemmeno le proteste degli utenti hanno mai fatto presa sulla coscienza di chi gestisce il patrimonio culturale comunale, e non sono servite a nulla. Da tempo è subentrata una generale rassegnazione e la Biblioteca civica è diventata uno dei tanti problemi insolubili, su cui giustamente qualche studioso fa dell'ironia, come vediamo in questa lettera pubblicata il 28 agosto.

Maria Masau Dan

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