Sulle sue radici l'Italia non investe abbastanza. Non stanchiamoci di sollecitare la politica a farlo


Nella sua lucida analisi della gravissima mancanza di personale specialistico che affligge i musei italiani, Vincenzo Trione ("Corriere della Sera", 13 giugno 2023) fa una conclusione che riassume il valore del patrimonio culturale nella nostra società, una ricchezza che non è solo un privilegio per pochi ma "...evoca una società impegnata ad abitare il passato per inventare il futuro. Agente economico. Ma, ancor prima, bene da studiare, da tutelare, da valorizzare. Luogo di democrazia. Motore di crescita e di coesione. Spazio la cui conoscenza può alimentare, in noi, spirito identitario. Senso delle radici. Coscienza civile. Rinnovata dignità. Consapevolezza di appartenere a una comunità."

Parole che rendono molto efficacemente anche l'idea di come tutto ciò potrebbe influire positivamente sul futuro di tutti. Ma questo sembra non toccare la politica, è un investimento a lungo termine e non viene mai considerato una priorità. Ormai da anni sul patrimonio culturale non si investe abbastanza e, soprattutto a causa del mancato ricambio generazionale, i musei (salvo i grandi contenitori nazionali, naturalmente, Uffizi, Brera, Capodimonte, ecc. ecc.) rischiano la paralisi, se non la chiusura. Come sottolinea Trione, infatti, non ci sono solo le istituzioni più famose, alle quali peraltro si chiede soprattutto di servire il turismo, ma c'è una rete enorme di musei, (sono oltre 4000 sparsi in tutta la penisola), che rappresentano la memoria del Paese, l'identità nazionale, la vita delle classi popolari, i mestieri, le tradizioni, le industrie e l'artigianato del passato. 

Non bisogna mai dimenticare di battersi per questo patrimonio. Lo dobbiamo soprattutto alle generazioni future. 




 

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