"Storie di musei in Friuli Venezia Giulia" di Maria Masau Dan e Isabella Reale


Nel valore di un museo conta moltissimo il patrimonio che possiede ma conta altrettanto la competenza delle persone che vi lavorano, anzi sono proprio le persone a trasformare un insieme di oggetti disparati in un “ordine intelligente”, e dunque in quello che si chiama“museo”.
Anche un museo pieno di capolavori per svolgere pienamente la sua funzione ha bisogno di competenze e di idee, e queste si possono trovare solo negli specialisti, in coloro che conoscono profondamente le materie trattate dal museo, che siano reperti archeologici, dipinti, ceramiche o oggetti d’uso. Oggi questo patrimonio di competenze interne alle istituzioni si sta progressivamente impoverendo e, come accade in tanti altri settori dei servizi pubblici, molte attività si svolgono attraverso forme di esternalizzazione. Ma non è ciò di cui i musei hanno bisogno.
E’ da qui che è partito il lavoro a quattro mani confluito nel volume “Storie di musei nel Friuli Venezia Giulia” appena uscito per l’editore Gaspari di Udine. Maria Masau Dan e Isabella Reale, storiche dell’arte con una lunga esperienza professionale nella gestione di musei nei quattro capoluoghi di provincia, Trieste, Gorizia, Udine e Pordenone, hanno voluto spostare l’attezione dagli oggetti agli uomini, accendendo per la prima volta i riflettori sui pionieri della museologia regionale, sui fondatori e sui direttori delle istituzioni più antiche e importanti, quelle nate attorno alla metà dell’Ottocento come musei civici o provinciali.
Molti nomi sono noti anche al di fuori del loro impegno per i musei, altri sono quasi dimenticati. Per quanto riguarda Trieste, coloro che hanno avuto un ruolo chiave nella nascita e nello sviluppo delle istituzioni che ancora caratterizzano il patrimonio museale cittadino sono alcune figure di protagonisti della vita culturale e sociale come Domenico Rossetti, Pietro Kandler, Pasquale Revoltella, ma anche un valoroso direttore del Museo di antichità come il poco noto Alberto Puschi. A Gorizia la storia dei Musei provinciali è legata strettamente ai fratelli Giovanni e Ranieri Mario Cossar, senza dimenticare la figura di Enrico Maionica, direttore che alla fine dell’Ottocento aveva contemporaneamente la responsabilità dei musei goriziani e del nuovo museo statale di Aquileia. E da Aquileia inizia anche la storia della museologia friulana, avviata con grandi ambizioni in epoca napoleonica ma proseguita molto lentamente dopo la restaurazione. I nomi importanti per la storia dei musei udinesi sono Jacopo Pirona, Antonio Marangoni, Giovanni Del Puppo, Carlo Someda de Marco e Aldo Rizzi.
Ciascun museo ha una sua storia, diversa da tutte le altre, come sono unici e i protagonisti di queste imprese e i contesti storici e sociali in cui hanno operato.
Qualcosa li accomuna, però, e sono le difficoltà, le incomprensioni, gli ostacoli che tutti o quasi hanno trovato sulla propria strada nel momento in cui hanno cercato di coinvolgere nei loro progetti i pubblici amministratori. In tutti i tempi è stato difficile ottenere attenzione per i musei, anche quando l’arricchimento prodotto da cospicue e ripetute donazioni da parte dei cittadini avrebbe dovuto stimolare opportuni interventi sulle sedi, che invece sono sempre state troppo piccole e inadeguate.
Una storia regionale dei musei non è mai stata scritta e nemmeno questo libro ha la
pretesa di esaurire l’argomento. Si propone invece di fare scoprire l’attualità dei
personaggi che sono all’origine dei nostri musei e la forza delle loro idee. Nel racconto di queste storie è stata data particolare evidenza alle parole, alle riflessioni e ai progetti che questi grandi uomini, veri e propri eroi del patrimonio culturale, hanno pubblicato oltre cento anni fa, qualcuno anche oltre due secoli.
Parole che dovrebbero essere ascoltate da chi in tempi recenti ha portato avanti riforme del settore dei musei che hanno indebolito e impoverito queste istituzioni proprio dal punto di vista del fattore umano. I musei civici delle principali città del Friuli Venezia Giulia sono stati tutti privati delle direzioni scientifiche, ma anche delle figure tecniche che in passato hanno garantito quotidianamente la conservazione del patrimonio come ad esempio i restauratori, i bibliotecari e gli archivisti, per lo più soppiantati da appalti a cooperative che si avvicendano troppo spesso e non garantiscono la continuità necessaria.
Da quasi dieci anni si attende che la Regione applichi finalmente la Legge 23 del 2015 con cui, dopo quarant’anni si è voluto aggiornare la Legge 60 del 1976, emanata subito dopo il terremoto. Ma in tutto questo tempo non si è trovato ancora il tempo di varare il Regolamento di attuazione. Nel frattempo, ogni amministrazione gestisce i musei come vuole, di solito riducendo le risorse per le attività museali e destinando fondi cospicui alle grandi mostre “acchiappaturisti”.
Ma i musei non sono nati per il turismo, anche se possono essere una grande attrazione. I musei sono la rappresentazione dell’identità culturale di un territorio e hanno una missione educativa prima di tutto nei confronti della popolazione locale.
Ed è questo che hanno pensato, sostenuto e scritto i fondatori dei nostri musei, che ci hanno lasciato questo patrimonio perché sia curato e conservato, non per fare da sfondo ad altre attività e da strumento di interessi economici.

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