La politica culturale dei traslochi


In questo momento le politiche culturali sono così dissennate che verrebbe voglia di auspicare la creazione di un "authority della cultura", sul modello dell'ANAC, dell'antitrust, del Garante della privacy... Qualcuno che legga preventivamente le proposte degli assessori, faccia le correzioni, dia qualche multa salata a chi dice troppe stupidaggini... 
Purtroppo chi dovrebbe nominare una figura super partes di questo tipo, cioè i politici, è a tal punto sprovvisto dell'ingrediente fondamentale, cioè la cultura, che sicuramente non conosce o non riuscirebbe a trovare qualcuno abbastanza competente da incaricare. 
Per fortuna in questa regione le capacità di realizzare i programmi sono abbastanza limitate - come dimostra la povertà di eventi significativi di quest'anno - che, alla fine, il rischio è molto minore di quello che fanno temere certe dichiarazioni (solo la stampa le prende sul serio!).
Se il tema sono i musei, poi, la confusione è al massimo. Una legge regionale ferma al palo perché si è impantanata sul Regolamento di attuazione, grandi investimenti in arrivo solo sui musei statali, nuove forme di gestione aggregata macchinose e inefficienti (Erpac), assenza di qualsiasi dibattito serio, marginalità nel marketing turistico. E per una volta non tocchiamo la questione drammatica degli organici.
Ci soffermiamo invece su una tendenza che sta prendendo sempre più piede: la politica culturale del trasloco. Meno rischiosa della progettazione di nuove imprese, fa sembrare che tutto cambi senza che nulla cambi. Ci hanno provato per primi il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e il suo assessore Giorgio Rossi, che già pochi mesi dopo il loro insediamento, hanno escogitato un' "idea meravigliosa": risolvere il problema degli enormi spazi del Portovecchio trasferendovi i musei triestini "minori", cioè quelli che hanno meno visitatori, il Museo del Risorgimento e il Museo Morpurgo.
Gli amministratori non sono certo obbligati ad essere degli esperti di museologia, ma prima di parlare farebbero bene ad approfondire le questioni, così scoprirebbero che un museo è il più delle volte un'unità inscindibile formata da contenitore e contenuto, e proprio nei due casi citati l' "involucro" è parte integrante: il Museo del Risorgimento è un edificio progettato negli anni Trenta come museo (su questo va ammesso che il regime fascista rispetto ai nostri governi aveva idee più chiare e raffinate) e il Museo Morpurgo è un modello di casa borghese che rappresenta perfettamente la Trieste di fine '800, non solo con i suoi salotti, ma anche per la zona in cui si trova, per la scala, i pianerottoli, le finestre, la distribuzione delle stanze, ecc.  Non sono assolutamente trasferibili, dunque, si possono solo distruggere o lasciare lì dove sono. Casomai si potrebbero valorizzare, cosa che invece non si fa.
Comunque almeno del trasloco si è smesso di parlare.
Oggi si legge, invece, sempre sul "Piccolo", che il nuovo assessore alla cultura di Gorizia, Oreti, vuole trasferire il Museo della Grande Guerra nella sede restaurata ma poco utilizzata del Monastero di Santa Chiara. (Ne abbiamo già scritto qui qualche tempo fa). Anche in questo caso prima di fare affermazioni così importanti sarebbe opportuno informarsi e consultarsi.
Il Museo della Grande Guerra non è nato nel sotterraneo delle Case Dornberg e Tasso, come tutti a Gorizia ricordano, visto che è lì dal 1990 dopo che la precedente sede di Palazzo Attems era stata colpita nel 1983 dall'alluvione del Corno. Ma il sotterraneo cinquecentesco con il suo andamento irregolare, i muri di pietra e le volte di cotto, fu una scelta felice perché evocava efficacemente, senza bisogno di troppe ricostruzioni, l'ambiente della guerra carsica e in particolare della vita di trincea, creando uno sfondo "naturalmente"  adatto all'esposizione di oggetti da guerra, molto più di quanto potesse accadere nelle sale nobili di un palazzo settecentesco. 
Adesso si ritiene di poter fare meglio nel Convento di Santa Chiara, ma forse prima di lanciare i soliti "annunci" generici solo per strappare un titolo e dare l'impressione di lavorare, servirebbe un confronto tecnico, elaborando almeno un progetto di massima. Forniamo all'assessore qualche spunto:
1) Prima di tutto una domanda: ha senso smontare un museo dopo meno di vent'anni? Visti i tempi e visto che rimane ancora uno dei più moderni musei della Grande Guerra, crediamo di no.
2)  il costo di un trasloco è lo stesso - se non maggiore - di quello che comporta la creazione di un nuovo museo, cioè non meno di 300-400.000 euro; perché non significa solo mettere in scatola oggetti e trasportare vetrine per poi riempirle in una nuova sede; occorre progettare un percorso logico in cui gli oggetti sono solo una parte, il resto è fatto da spiegazioni, immagini, luci appropriate, alternanza di pieni e di vuoti. Richiede pertanto un progetto scientifico e un progetto di allestimento, oltre naturalmente alla costruzione di strutture ecc. E naturalmente uffici e locali di servizio dove qualcuno lavori. Altrimenti il rischio è che il risultato sia mediocre, per cui il cittadino che paga le tasse dirà giustamente: ma non si poteva risparmiare e lasciarlo dov'era insieme agli altri musei?
3) il risultato di un trasloco è che occorre pensare anche a come riutilizzare gli spazi che restano vuoti. Oltre alla difficoltà di trovare un argomento adatto (viste anche le condizioni climatiche) per i sotterranei di Casa Dornberg e Tasso, ci sarebbe anche in questo caso la necessità di progettare, allestire, ecc. Dunque il costo equivarrebbe a fare un nuovo museo.
3) va tenuta presente anche l'offerta turistica complessiva di Borgo Castello. Il Museo della Grande Guerra è la seconda attrazione dopo il Castello, perché levarla da lì per collocarla in un luogo ben più complicato da raggiungere in centro?  Sicuramente si perderebbero visitatori. 
3) Gorizia non è solo Guerra-Medioevo-Coronini-Moda. Si deve uscire dalla "prigione" di questi argomenti fissi, occorre aggiungere anche altro, è passato un secolo dalla fine della prima guerra mondiale! Da allora non è successo nulla che meriti di essere documentato in un museo storico goriziano? Arte, storia, economia, territorio, società, tradizioni, letteratura, vita religiosa, confine....
4) Va studiato l'esempio della Slovenia, che ha affidato ai musei tutte le tappe del Novecento e ha avuto un tale dinamismo nell'uso dello strumento-museo che oggi è già arrivata alla fase della revisione di certe forzature degli anni di Tito. 

Se con il restauro di Santa Chiara è stato fatto un grande errore di valutazione delle sue potenzialità, si deve proprio rimediare distruggendo quello che fino ad oggi ha funzionato?

E, infine, un consiglio: se non ci sono buone idee, né capacità innovative né volontà di consultare gli esperti, meglio evitare di mettere le mani sulle strutture, ci sono mille cose più innocue da fare in campo culturale: presentare libri, fare convegni, concerti, ospitare mostre di altri.... 

Commenti

  1. Buongiorno, ma che fine ha fatto il sito dei Beni Culturali: www.museifriuliveneziagiulia.it?

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  2. Si tratta di un sito di proprietà della Direzione Regionale Per I Beni Culturali e Paesaggistici Del Friuli Venezia Giulia registrato nel 2005 e attivo fino al 2019. Può darsi che sia in corso di rinnovamento. Noi non siamo collegati a questo sito e non abbiamo altre informazioni.

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